COLORE
sec. XIII; dal latino color-oris.I colori non esistono nel mondo fisico ma sono una nostra sensazione, niente di molto diverso dal freddo o dal dolore; quando una forma luminosa (o per meglio dire delle onde elettromagnetiche) colpisce un oggetto, la luce viene in parte assorbita e in parte riflessa, quest'ultima se colpisce i nostri occhi viene trasformata in colori in base alla sua lunghezza e ampiezza d'onda. Però non tutte le onde elettromagnetiche sono visibili dall'occhio umano, in particolare riusciamo a vedere solo quelle che sono associate ai colori che vanno dagli ultravioletti agli infrarossi. Quindi sono i nostri occhi a creare i colori, lo fanno attraverso due apparati interni agli ...
...agli occhi: i coni e i bastoncelli. I secondi consentono essenzialmente una visione monocromatica, utile soprattutto di notte, per distinguere gli oggetti ma sono poco utili alla definizione dei colori. I primi, invece, consentono di distinguere i colori, in particolar modo esistono tre tipi di coni: quelli maggiormente sensibili alle onde lunghe (essenzialmente i rossi), quelli più sensibili alle onde medie (verdi) e quelli più sensibili alle onde corte (blu). dalla loro combinazione otteniamo poi tutti i colori che riusciamo a percepire. Nel linguaggio comune, parlando di un colore o designando il colore di un oggetto, ci si riferisce alla sensazione che si ha osservando quell'oggetto alla luce naturale. In questo senso si parla di una stoffa grigia, gialla, rossa, di lana verde, azzurra, di seta celeste, turchina, ecc. e meno propriamente di colore bianco, nero. Non di rado per la definizione del colore nelle varie gradazioni, toni, intensità, si ricorre a nomi di oggetti o sostanze ben note: color arancio o arancione, avana, caffè, canarino, cannella, carne o carnicino, cenere, ciclamino, corallo, crema, fragola, lilla, limone, malva, mammola, mattone, nocciola, viola o di viola o violetto, ecc.; anche in forma d'attributo: rosso scarlatto, rosso carminio, rosso geranio, rosso vino, giallo cadmio, giallo cromo, verde smeraldo, verde bottiglia, verde oliva, verde pisello, verde bandiera, grigio perla, grigio ferro, grigioverde, grigio piombo, ecc.; blu Savoia, blu di Prussia, rosso Magenta, terra di Siena, giallo di Napoli. Attributi comuni ai vari colori sono chiaro, scuro, cupo, vivo o vivace, pallido, ecc. All'uso comune appartengono anche le espressioni senza colore, di corpi opachi, tendenti al bianco; di colore o in colori, di ciò che è colorato, che ha un colore, diverso cioè dal bianco e dal nero (biancheria di colore, assortimento di stoffe bianche, nere o in colori); a colori, di cosa che si presenta con disegno variamente colorato (un fazzoletto a colori); il contrario è di colore unito, tutt'un colore.La luce inoltre ha influenze molteplici, e di vario grado, sulla percezione dei colori da parte dell'occhio: è risaputo come un singolo colore possa apparire più chiaro su fondo bianco che non su fondo scuro, o comunque scuro; e che esiste il fenomeno definito "contrasto di colore", in seguito al quale, per esempio, un determinato tono di blu vivace sembra più verdastro su fondo giallo, e più tendente al violetto su fondo rosso.Ogni sensazione di colore può essere scomposta in tre ingredienti, ciascuno dei quali è a suo modo elementare, nel senso che partecipa alla determinazione del colore da parte dell'osservatore e non può essere ricondotto, per via di semplificazioni, a nessuno degli altri due costituenti. I tre ingredienti del colore sono tonalità, luminosità e saturazione.La tonalità (hue in inglese) è la quantità di luce (illuminazione) contenuta in un colore. Essa è, infatti, nell'esperienza comune, la qualità percettiva che ci fa attribuire un nome piuttosto che un altro al colore che stiamo vedendo. Rosso, verde, giallo, blu sono tutti nomi di tonalità. Da un punto di vista fisico il corrispettivo delle tonalità è la lunghezza d'onda della radiazione luminosa: quanto più la luce incidente su un certo punto della retina è riducibile ad una banda ristretta di lunghezze d'onda tanto più netta e precisa sarà per l'osservatore la possibilità di attribuire un nome di colore percepito. Le tonalità che l'occhio è in grado di discriminare come irriducibili ad altre sono i colori spettrali (cioè i colori dell'arcobaleno, quelli separati da Newton, tramite l'esperimento del prisma) più i colori originati da combinazioni di rosso e di blu spettrali (le cosiddette porpore). Tutti gli altri colori (a esempio il rosa, il marrone, il salmone, il verde oliva, ecc. possono essere definiti come combinazioni di una certa tonalità con gli altri due attributi (ad esempio, il rosa è un rosso poco saturo). L'intensità invece, riguarda una colorazione diversa e si definisce variazione di uno stesso colore dal chiaro allo scuro.La luminosità (lightness o value, in inglese) è l'ingrediente che specifica la quantità di bianco o di nero presente nel colore percepito. La determinazione della quantità di bianco o di nero in una macchia di colore è possibile sia fuori contesto; il tipo di valutazione che consente di determinare in modo accurato il livello di grigio (cioè la distanza dai due estremi bianco e nero) in un colore è quello contestuale. Per dimostrare la correttezza di tale affermazione, occorre introdurre innanzitutto una distinzione terminologica. Possiamo, dunque, chiamare brillantezza o intensità (brightness, in inglese) la quantità totale di luce percepita, emessa da una sorgente o riflessa da una superficie. La valutazione di tale quantità è un giudizio non contestuale, ma dipendente dal solo effetto percettivo suscitato dalla luce incidente sulla retina. Si definisce luminosità apparente la quantità di luce proveniente da un oggetto, a paragone della quantità di luce proveniente da una superficie bianca sottoposta alla medesima illuminazione. Si tratta evidentemente di una valutazione contestuale.Il fatto che il giudizio sulla luminosità sia più preciso e differente rispetto al giudizio sulla brillantezza si può dimostrare con un esempio: se osserviamo una luce bianca piuttosto fioca (percezione di brillantezza) essa ci appare comunque bianca e non grigia; la visione del colore grigio possiamo averla solo osservando una superficie che ci appare meno luminosa rispetto ad una superficie bianca sottoposta alla medesima illuminazione (percezione di luminosità). Ciò significa che possiamo variare anche notevolmente l'intensità della luce che colpisce una superficie, senza che cambi la percezione della luminosità relativa delle sue parti. L'attributo della luminosità è l'elemento più importante all'interno della nostra percezione visiva. Come ben sanno fotografi, pittori e disegnatori, la visione acromatica, basata solo sul contrasto di luci, è in grado di veicolare tutte le informazioni essenziali ai fini della comprensione della scena osservata.La saturazione (saturation, in inglese) è il terzo ed ultimo fattore che contribuisce alla percezione del colore. È la misura della purezza, dell'intensità di un colore. La valutazione della saturazione può essere non contestuale o contestuale. Nel primo caso, essa definisce la purezza del colore in rapporto unicamente all'intensità della sua percezione isolata. Nel secondo caso, invece, in rapporto ad una superficie bianca sottoposta alla medesima illuminazione. In questa accezione, cioè come valutazione contestuale di luci riflesse, si parla tecnicamente di croma (chroma, in inglese) piuttosto che di saturazione. Non vi sono però differenze essenziali tra i fenomeni percettivi definiti per mezzo dei due termini, per cui si può parlare di saturazione in riferimento ad entrambe le accezioni.I colori spettrali sono in assoluto i più saturi che noi possiamo osservare. Essi ci appaiono vivi, puri, brillanti, pieni, per nulla mescolati con parti di grigio. Al contrario, un colore poco saturo appare smorto, opaco, grigiastro, poco riconoscibile dal punto di vista della tonalità. Il motivo di questa scarsa riconoscibilità è che un colore poco saturo è il frutto di una mescolanza di luci di diversa lunghezza d'onda, ragione per cui differisce profondamente dai colori spettrali che sono invece prodotti da luci di banda molto ristretta. Una radiazione costituita dalla mescolanza di molte lunghezze d'onda differenti produce una curva di assorbimento da parte dei coni della retina piatta e senza picchi, che corrisponde alla percezione di un colore grigiastro. Perciò la saturazione si definisce anche comunemente come la misura della quantità di grigio presente in un colore, intendendo con ciò la mancanza di grigio accoppiata alla piena riconoscibilità della tonalità corrispondente alla massima saturazione, mentre la predominanza del grigio su un colore non facilmente identificabile corrisponde all'assenza di saturazione.Il fatto che un colore saturo ci appaia, per così dire, pienamente se stesso, facilmente identificabile, rende possibile accoppiare la misura della saturazione all'identificabilità di un colore spettrale nel campione che si sta osservando. se, cioè, non siamo in grado di dire con certezza se stiamo osservando un rosso, un giallo un blu, un verde, ecc. allora è sicuro che abbiamo a che fare con un colore non saturo. Un problema ben noto agli studiosi del colore è la difficoltà di separare psicologicamente, soprattutto in condizioni di scarsa illuminazione, la componente di saturazione di un colore. Quanto più un colore è scuro, infatti, tanto più è difficile identificarne la tonalità, per poter valutare se esso sia saturo oppure no. Ed inoltre, a complicare ancora le cose, un colore molto saturo appare chiaro e brillante, il che porta spesso l'osservatore a giudicarlo più luminoso di un colore meno saturo che riflette la medesima quantità di luce.Unica catalogazione dei colori possibile, benché assai generica, è quella di “colori caldi” e “colori freddi” e di “colori chiari” e “colori scuri”. Le gradazioni di colore sono quasi impossibili da definire, data la varietà degli oggetti di riferimento da cui prendono il nome. Per creare ancora più possibilità di sfumature coloristiche e linguistiche, al nome di un colore si aggiungono aggettivi molto generici (esempio: acceso, intenso, ecc.), o semplicemente qualitativi (allegri, vivaci, neutri, colori-choc, ecc.), o un sostantivo referenziale che prende la funzione di aggettivo (esempio: giallo solare, giallo pagliaccetto, ecc.). Talvolta si combinano assieme due colori confondendo ancora più le cose (esempio: bianco grigiastro, ecc.). Le sfumature non sono portatrici di simboli ma soltanto di un significato estetico (esempio: il viola ha una simbologia, il lilla non ne ha).Il colore è uno degli elementi più importanti dei rapporti commerciali nell'industria tessile. Oggi sono a disposizione delle moderne e sofisticate tecnologie elettroniche applicate alla colorimetria, capaci di convertire la percezione del colore in termini numerici, cioè in dati di valore tecnico assoluto, determinando, in modo scientificamente corretto, l'esatto punto di colore per cui non esistono più criteri di valutazione soggettiva o ambientale. Inoltre esistono supporti idonei di riferimento messi a punto da vari organismi internazionali, ed universalmente adottati quali il Pantone (che include anche RightColor, specifico per tessuti), SCOTDIC (Standard Color of Textile Dictionnaire Internationale de la Couleur), Colour Index, ecc.STORIA - In varie aree del mondo antico, migliaia di anni avanti Cristo, in Perù, Cina, Egitto, per prassi comune l'uso dei colori era soggetto a una gerarchia che, oltre al valore simbolico, rifletteva anche la disponibilità tecnica ed economica delle sostanze coloranti. La colorazione era usata sia per fini di abbellimento, per dipingere gli dei e il fato dei loro umani soggetti, sia come simbolo di potere e, non da ultimo, con lo scopo di preservare da un prematuro decadimento le superfici dei materiali usati. Il bisogno di colore, e gamma delle sue applicazioni, non è molto cambiato, neppure ai giorni nostri, in quanto corrisponde al desiderio dell'uomo di vivere in un mondo illeggiadro dalle emozioni speciali che solo il colore può offrire.Il lessico dei colori è in evoluzione - “Di sicuro fino a tempi sorprendentemente vicini i linguaggi umani sono stati assai poveri di termini che indicano colori; l'esempio più frequentato dalla letteratura specialistica è quello della ristretta gamma di cromatismi citati nei poemi omerici, dove i termini che indicano i colori sono assai imprecisi e accolgono entro una stessa denominazione colorazioni che per noi sono nettamente distinte. Per esempio il termine kuáneos indica sia l'azzurro, sia il colore plumbeo del cielo e più in generale ogni colore scuro; glaukós indica l'azzurro chiaro, il cilestrino, il verde, il grigio-verde. Quando poi gli studi si indirizzano a lingue ancora più antiche si scopre che la semantica arcaica è particolarmente povera di termini che indicano i colori, talvolta fino a risolversi nel semplice binomio «bianco» e «nero». ” [Claudio Widmann - Il simbolismo dei colori - Ed. Magi; 2014, p. 16].RIF. LETTERARIO - “I colori dé quali si diletta ogni secolo e nazione mostrano i costumi di quella... Che il primo colore fu il candido celeste si vede nelle istorie di Roma; poi rosso nella bellica crudeltà; poi vario nelle sedizioni, poi venne il bianco a tempo di Gesù Dio, e tutti i battezzati prendevano la veste bianca, e da quella per varii colori siamo ora arrivati al nero. Dunque torneremo al bianco, secondo la ruota fatale, e così prova né Profetali, che i Cardinali vestiranno di bianco”. Tommaso Campanella
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IL COTONE -dalla piantagione al tessuto- di Massimo Moretti
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