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Informazioni Utili sul Peperoncino


PROPRIETÀ E VIRTÙ MEDICINALI


Proprietà e virtù medicinali, il peperoncino in cosmesi
Probabilmente l’uso primigenio del peperoncino è stato come rimedio medicinale presso Atzechi, Maya e Inca, considerato un dono divino e usato nelle cerimonie religiose per proteggersi dai demoni e dalle malattie, per smaltire i postumi dell’alcool e come afrodisiaco.In tutte le regioni del mondo e in ogni tempo sono esistiti rimedi a base di peperoncino:
nella Farmacopea Italiana di Orosi del 1856 si riporta, ad esempio, l’uso anglosassone di Capsici baccae in pillole o tintura per atonia dello stomaco, angina, scarlattina maligna e gargarismi.Studi farmacologici hanno permesso di conoscere i principi attivi e i meccanismi di azione: nel frutto è presente una miscela di capsaicinoidi, amidi vanilliche a catena ramificata, fra i quali la capsaicina costituisce il 50% ed è il principale responsabile dell’attività farmacologica; sono presenti anche flavonoidi, resine, oli essenziali, carotenoidi, cellulosa, calcio e ferro. Il contenuto in vitamina C (fino a 340 mg/100 gr) è maggiore rispetto a qualsiasi altro frutto - è proprio dal peperoncino che il biochimico ungherese Albert Szent-Györgyil (1893-1986), premio Nobel nel 1937 per la Fisiologia e Medicina, estrasse grandi quantitativi di vitamina C per i suoi studi sull’ossidazione biologica e l’attività antiscorbutica – e sono presenti in quantità significativa anche le vitamine A, K, e B.
Il peperoncino ha azione revulsiva, vasodilatatrice, antinfiammatoria e antidolorifica; esistono preparati farmaceutici a base di capasaicina come balsami, stick, cerotti usati in caso di reumatismi, lombalgie, nevralgie, contrazioni muscolari,herpes.
Per uso interno il peperoncino è carminativo, stimolante, digestivo, antiossidante ed aumenta la salivazione.
Il peperoncino è tuttora oggetto di ricerca scientifica: in particolare si studia la capacità di bloccare la sostanza prodotta sui recettori del dolore; capire le modalità di attivazione delle sensazioni dolorifiche diverse da quelle bloccate da aspirina e fans, è la premessa per individuare nuovi farmaci per lenire quei tipi di dolore (neuropatico, oncologico, emicrania) che non possono essere trattati dagli attuali analgesici.
Un altro aspetto dell’utilizzo del peperoncino riguarda la cosmesi: suoi derivati possono essere presenti in creme, collutori, lozioni per capelli, olii per massaggi e, come coloranti, nei rossetti.Riguardo ad altre utilizzazioni, per autodifesa esiste lo spray antiaggressione a base di capsaicina e, ultima curiosità, è stata sperimentata l’irrorazione di cavi elettrici con derivati del peperoncino per evitare il morso dei ratti.

 



IN VASO ED IN GIARDINO


In vaso e in giardino
Il peperoncino si presta a essere coltivato, sia in piena terra sia in vaso. La semina si fa in semenzali a primavera:
a febbraio nelle regioni meridionali, da marzo in poi in quelle settentrionali, con una temperatura minima 16-18°C.
I semi si distribuiscono uniformemente su un substrato composto da tre parti di terriccio universale, una di agriperlite e una di sabbia fine; si coprono con uno strato di circa 2-4 mm dello stesso terriccio vagliato. Dopo averli innaffiati delicatamente, i semenzali si pongono in un luogo ombreggiato alla temperatura di circa 20°C. È consigliabile annaffiare i vasi dal basso, immergendoli in una bacinella d’acqua, finché la superficie si sia inumidita per capillarità.
La germinazione avviene dopo circa 7-10 giorni per le varietà orticole e circa 15 per le specie. Quando spuntano i cotiledoni, si spostano i semenzali in un luogo luminoso, ma non al sole diretto. Dopo qualche giorno, con lo sviluppo di 2-3 coppie di foglie o con un’altezza di 10 cm, le piantine si trapiantano in vasetti singoli; una volta irrobustite, con la prima ramificazione evidente o un’altezza di circa 20 cm, si mettono a dimora definitiva. Il trapianto si fa interrando la plantula fin sotto le foglie cotiledonari per favorire l’emissione di radici nella parte basale del fusto.
Durante questa fase le piantine dovranno essere esposte gradualmente al sole. Per la coltivazione in vaso, si sceglie il contenitore di 20-30 cm di diametro per le varietà di media grandezza, di 40-50 per quelle a maggior sviluppo come Aji, Fatalii, Habanero.

Per il trapianto in piena terra, il terreno deve essere fertile, ricco di sostanza organica, di medio impasto e ben drenato, capace di mantenere a lungo l’umidità. Le cure colturali successive consistono in annaffiature frequenti e regolari evitando però ristagni che provocano marciumi e riducono la piccantezza. Dopo circa 15 giorni dal trapianto, si provvede a concimazioni mensili con prodotti a basso contenuto di azoto ed alto contenuto di fosforo e potassio.Per le varietà a medio e grande sviluppo si possono rendere necessari i tutori. Indispensabile l’esposizione alla luce e al sole che favorisce la crescita, la fioritura, la produzione di capsaicina. I frutti iniziano a maturare in agosto, raggiungendo in settembre–ottobre un aspetto magnifico per i colori dal verde al giallo, dal viola al nero, dall’arancio al rosso, contemporaneamente alla presenza di fiori.
La pianta teme il gelo e per questo è trattata come annuale: al sopraggiungere dei primi freddi si possono porre le piante in un tepidario, con temperature superiori ai 6-8°C. Una buona percentuale riuscirà a superare l’inverno: alla primavera successiva un’appropriata potatura e il rinvaso garantiranno la ripresa vegetativa, con il vantaggio non secondario di avere esemplari già adulti.
I frutti sono raccolti a diversi stadi di maturazione, generalmente quando hanno raggiunto la tipica colorazione della specie, recidendo il peduncolo; confezionati in collane, vengono tradizionalmente messi ad essiccare all’ombra; in alcuni casi si appende l’intera pianta capovolta. Durante l’essiccazione avviene anche un processo di post maturazione durante il quale aumenta il contenuto di pigmenti e diminuisce quello in umidità e zuccheri.L’enorme gamma di varietà ha contribuito all’affermarsi del peperoncino anche come pianta ornamentale da vaso o da aiuola per macchie di colore o bordure; sempre più apprezzate, inoltre, le varietà per rami recisi e per composizioni floreali come Chiara, Jump, Fueguitos, Camarena appartenenti a Capsicum annuum.


TRADIZIONI NEL MONDO


Tradizioni nel mondo
Nel 1871 l’antropologo Paolo Mantegazza descriveva il “Chilatl, bevanda inebriante e densa che si usa ancora a VeraCruz.
Gli Aztechi la preparavano col cacao, il maiz e il chili (peperone rosso)”. Si ricorda questa nota storica pensando a come la cucina moderna, ispirandosi anche a tradizioni lontane nel tempo e nei luoghi, reinventa e sperimenta piatti sempre più originali valorizzando le innumerevoli sfumature piccanti, aromatiche e cromatiche della spezia nella preparazione di sorbetti, gelati, canditi, marmellate, bevande, grappe.
Il peperoncino è una componente indispensabile di tante pietanze in tutto il mondo: gulash in Ungheria, harissa in Tunisia, yassa in Senegal, sambal in Cina, curry in India, ndujia e sardella in Calabria, oltre a svariate salse, condimenti e a tutti quei cibi mediterranei con i peperoncini cucinati come ortaggi al forno, ripieni, fritti, stufati.
A livello industriale il peperoncino è una voce importante del settore alimentare, largamente usato per colorare e aromatizzare salatini, patatine fritte, snack, dolci, cioccolatini, salse, liquori. È coltivato in aree tropicali, subtropicali e temperate di tutto il mondo, in diverse situazioni agroclimatiche: è questa, probabilmente, la ragione del suo maggior successo rispetto al pepe che risulta meno adattabile.Delle 5 specie, C. annuum, C. frutescens e C. chinense sono coltivate in tutti i continenti, mentre C. baccatum e C. pubescens lo sono praticamente solo in America. Il principale produttore di peperoni e peperoncini è la Cina con circa il 53 % della produzione mondiale; seguono Messico, Indonesia, Turchia, Spagna. La produzione di peperoncino è in costante aumento ed Europa occidentale e Nord America sono i maggiori importatori.


LA STORIA


Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5.500 a.C. era conosciuto in Messico, presente in quelle zone come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Peru e del Messico.
In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l'ha portato dalle Americhe col suo secondo viaggio, nel 1493. Dato che sbarcò in un'isola caraibica, molto probabilmente ha incontrato la specie Capsicum chinense, delle varietà Scotch Bonnet o Habanero, le più diffuse nelle isole.
Introdotto quindi in Europa dagli Spagnoli, ebbe un immediato successo, ma i guadagni che la Spagna si aspettava dal commercio di tale frutto (come quello di altre spezie orientali) furono deludenti, poiché il peperoncino si acclimatò benissimo nel vecchio continente, diffondendosi in tutte le regioni meridionali, in Africa ed in Asia, e venne così adottato come spezia anche da quella parte della popolazione che non poteva permettersi l'acquisto di cannella, noce moscata ecc.Il frutto venne chiamato peperone a causa della somiglianza nel gusto (sebbene non nell'aspetto), con il pepe, Piper in latino.
Il nome con il quale era chiamato nel nuovo mondo in lingua nahuatl era chilli o xilli, e tale è rimasto sostanzialmente nella lingua inglese (chili) e in alcuni nomi di varietà, come il chiltepin (C. annuum var. aviculare), derivato dal nauhatl chilitecpintl o peperoncino pulce, per le dimensioni e il gusto ferocemente piccante.
Il chiltepin è ritenuto l'antenato di tutte le altre specie. Nei paesi del Sudamerica di lingua spagnola e portoghese, invece, viene comunemente chiamato ají, modernizzazione dell'antillano asci. La parola in lingua quechua per i peperoncini è uchu, come nel nome usato per il rocoto dagli Inca: rócot uchu, peperoncino spesso, polposo.

Quando Cristoforo Colombo scoprì l'America, non solo non si rese conto di avere raggiunto un nuovo continente ma ancor me no poté immaginare che la scoperta di alcune specie vegetali avrebbe così profondamente interagito con gli usi ed i costumi dei popoli del Vecchio Continente.
In realtà le origini del genere vegetale "capsicum" ( dal latino 'capsa' = scatola, per la forma dei frutti) si fanno risalire ad un'epoca abbastanza remota: pare che il peperoncino sia apparso per la prima volta circa 9-10000 anni fa nel Messico centro-meridionale e di lì si sia diffuso in America centrale e nella parte settentrionale dell'America del Sud.
Gli inca bruciavano cumuli di peperoncino sul percorso degli spagnoli invasori per accecarli temporaneamente.
I maya esponevano i bambini indisciplinati al fumo del peperoncino e sfregavano peperoncini freschi sugli organi genitali delle donne impudiche. Nelle indie occidentali gli inglesi sfregavano il peperoncino sugli occhi degli schiavi ribelli.
Gli americani invece utilizzavano i componenti chimici del peperoncino per formare un gas lacrimogeno inibente ma non letale. Ignari di queste pratiche il peperoncino viene consumato da un quarto della popolazione mondiale conosciuto in molte parti anche con il nome di chile.
In Messico dove hanno iniziato a consumarlo più di otto mila anni fa, molte persone si rifiutano di mangiare se non è compreso il peperoncino;talvolta è il frutto stesso la base del pasto, e tutto il resto fa da contorno. I maya della penisola messicana dello Yucatan disdegnano tutti i tipi di peperoncino tranne uno, l'habanero, indiscutibilmente uno dei peperoncini più piccanti del mondo, che abbrustoliscono e poi mettono in infusione in una ciotola di succo di lime, per fare un condimento pestato chiamato xnipek che nella lingua dei maya significa naso di cane poiché è tanto piccante da far diventare il naso umido come quello di un cane.
Cristoforo Colombo portò in Europa alcuni esemplari di peperoncino al ritorno da un suo viaggio intorno al 1493, e li chiamò "pimentos" in quanto riteneva che, per la loro piccantezza, potessero essere un sostituto del pepe (pimiento in spagnolo), spezia allora assai costosa e di difficile coltivazione. All'epoca della sua scoperta, il peperoncino si era già differenziato in circa una dozzina di varietà che venivano coltivate dagli Atzechi per usi alimentari, medicamentosi e rituali.
In Europa l'accoglienza delle nuove specie vegetali fu abbastanza tiepida in quanto si riteneva che i frutti della famiglia delle solanacee fossero nocivi alla salute ed in effetti parecchi lo sono e pertanto queste nuove piante vennero impiegate per anni esclusivamente a scopo ornamentale. Il peperoncino iniziò a diffondersi in Spagna e Portogallo già a poche decine di anni dalla sua scoperta e si propagò ben presto ai paesi costieri del Mediterraneo, portato da commercianti o marinai.
Dal Mediterraneo, grazie alle grandi crociere esplorative di quel periodo, il peperoncino si diffuse dapprima in Africa meridionale e successivamente in India ed in estremo oriente entrando rapidamente a far parte integrante delle varie cultu re gastronomiche di questi paesi.
Contrariamente all'opinione comune, il peperoncino non viene dall'India o dalla Cina. È originario del sud America più precisamente, nella Bolivia centrale. Ma l'errata convinzione che il peperoncino sia nativo dell'India è un elemento fondamentale per comprendere uno dei più grossi pasticci della storia, avvalorato peraltro dall'entusiasmo con cui gli indiani hanno accolto il peperoncino. Nativo dell'India è invece il pepe nero

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